Del “Bosco Favoloso” io conosco gli alberi. Uno per uno.

Rocco Ferri mi impedì di tenere il ciglio asciutto, qualche estate fa, con una voce profonda e rugosa come i calanchi dell’antica Atri da dove viene Alex Ricci, bello come August Darnell ed aulico culturalmente al punto da costruire un sodalizio di vita con una brava donna di teatro come Cristina Cartone (metti che si sono lasciati... e questo incipit va a disoneste!). Insomma: sperando che stiano ancora insieme: meglio di Kid Creole e la sua Coconut del cuore.

C’è poi il mio compaesano Fabrizio Ginoble, riservatezza da Titta Di Girolamo ne “Le conseguenze dell’amore” e organo Hammond che mi ricorda quella volta che nel 2009 suonò – insieme a Morgan Fascioli e Alessandro Di Bonaventura – alla presentazione di “Miles e Juliette”: struggente libro che il compianto e immenso Walter Mauro dedicò alla storia d’amore fra Davis e Greco. E furono pure lì lacrime, nella sala della Villa Comunale di Roseto degli Abruzzi.

Infine, ma non per ultimo, Luca Mongia: uno venuto da Tijuana, in provincia di Pineto, per diventare uno stilita “pellegrino di ogni istante” (cito, a memoria, una lirica di Giuseppe Ungaretti recitante nel disco “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”, realizzato nel 1969 con Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo). Che poi Ungaretti fu relatore della tesi di Walter Mauro dedicata a Giacomo Leopardi... no le chiacchiere.

Eccole le quattro querce del bosco favoloso, in arte “Fabulous Wood”. Guardate la foto: testosterone come se piovesse e ottime intenzioni musicali, gettate su pilastri (vero, Titta Di Girolamo?) ricchissimi del ferro dell’esperienza.

Già, perché Rocco Ferri (voce), Alex Ricci (chitarra e cori), Fabrizio Ginoble (organo) e Luca Mongia (batteria e cori), sono 4 abruzzesi buoni per il mondo. E se un nostro corregionale assai noto e apprezzato come Benedetto Croce diceva che gran parte della lingua dell’anima è in dialetto, loro dall’anima distillano il rock blues che hanno portato in giro anche in festival iconici come Porretta Soul Festival, Pistoia Blues e Green Hills In Blues.

E cosa sono diventate le quattro querce del bosco favoloso? Ovviamente “Supereroi”, che è il titolo del loro primo singolo, che potremo ascoltare dal Venerdì Santo del 2025: il 18 aprile. Dopodomani.

E pure qui sono lacrime, perché mi ricordo che il Venerdì Santo del 2017 uscì il disco “Italian Journey”, che produssi per una clamorosa band di amici: Brandon Sherrod, Massimiliano Coclite, Morgan Fascioli ed Emanuele Di Teodoro. La Pasqua di resurrezione portò bene a quel disco, capace di vendere al punto di destinare, dopo due mesi, 10.000 euro in beneficenza: 5.000 in Abruzzo e 5.000 in Connecticut, Stati Uniti d’America.

Migliore fortuna auguro a “Supereroi”. Intanto, che sia una bella resurrezione musicale per il polveroso blues che i quattro componenti del gruppo si propongono di rianimare, togliendogli dal petto “almeno tre dita di polvere”.

Poi si vedrà.

Cos’altro dicono, in merito al loro singolo, quelli del bosco favoloso? È presto virgolettato: «Supereroi’ è un grido di ribellione contro le ipocrisie e le pressioni della società, una riflessione sulla fragilità umana e alla lotta ai propri demoni, molto spesso rappresentati dalle maschere che si indossano per sfuggire alla realtà. Ci sono vari motivi per cui abbiamo scelto di lavorare su “Supereroi”. Il primo è sicuramente per uscire dalla comfort zone».

Insomma: fuori dal bosco e allo scoperto, magari raccontati da un video fatto da un altro abruzzese buono per il mondo, come il regista Maurizio Forcella.

Chi vivrà ascolterà. E vedrà.

In bocca al lupo a questi quattro abruzzesi tosti e belli.

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