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CLAUDIO ANGELOZZI, IL SINDACO APPASSIONATO DI STORIA.
Claudio Angelozzi.
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Il ricordo di Mario Giunco – pubblicato su Koinè – dedicato al Sindaco di Roseto degli Abruzzi dal 1988 al 1990, scomparso il 10 maggio 2025.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 27 Maggio 2025 - Ore 14:00

“Storie di vita. Per capire il presente guardiamo anche il passato” (Hatria Edizioni, 2017) è l’autobiografia di Claudio Angelozzi, sindaco di Roseto dal 1988 al 1990, scomparso il 10 maggio.

È il percorso di una esistenza privata che diviene pubblica.

Racconta degli anni trascorsi nel centro storico di Atri, della famiglia numerosa, dei giochi nei vicoli e nei prati, dei tramonti d’estate sul Gran Sasso, della fonte nascosta Brecciola, evocatrice di fantasie, dei bagni nel torrente Piomba, dei Rom “misteriosi, terrificanti e affascinanti”, del “posto delle fragole”, rifugio dei pensieri segreti.

Poi la formazione scolastica da geometra, le prime passioni politiche, il lavoro a Milano, agli inizi della contestazione giovanile.

Il 12 dicembre 1969, nella sede della Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana, esplode l’ordigno, che provoca 17 morti e 88 feriti. Claudio capisce “cosa vuol dire il terrore, il dolore, lo sgomento, quel senso di vuoto che ti assale e fa paura”. Fra gli arrestati l’anarchico Pietro Valpreda.

La segretaria della direzione tecnica dove lavorava “era l’abile, professionale e dolce Maddalena, detta Nenè, la sorella del ‘mostro’”,  lei che spesso accompagnava la mattina con la sua Fiat 500.  

Negli anni Settanta si stabilisce a Roseto e concretizza l’impegno politico. Il primo comizio: “All’angolo di piazza Ungheria vi era una casetta, al piano terra la sezione del Pci, una scaletta esterna portava in un piccolo alloggio al piano superiore. Per me era una sera particolarmente importante.  Alla chiusura della campagna elettorale per le comunali avrei dovuto parlare dal balcone, sopra la sezione. Avevo preparato alcuni foglietti numerati, avevo provato a ripetere, calcolando i tempi. Non dovevo dilungarmi troppo, per lasciare spazio al segretario cittadino Gino Parisciani e al grande Libero Pierantozzi”.

Dal 1974  al 1994 compie il suo “cursus” politico, culminante, nel 1988, con l’elezione a sindaco.  L’alleanza fra i partiti della sinistra storica, Pci e Psi, si infrange nel 1987. Si arriva al “compromesso storico”, che, non senza ironia, definisce l’alleanza Pci-Dc.

È un periodo caratterizzato dalle vicende della Monti, dalle battaglie per liberare la Statale Adriatica dal traffico pesante, insieme a Pio Rapagnà, alle associazioni e ai comitati ambientalisti (è del 1989 l’ordinanza di divieto di passaggio dei mezzi pesanti sulla SS 16, tuttora in vigore) e da pagine importanti per la vita  della città, divenuta centro d’attrazione turistica e culturale: la mostra dedicata a Pasquale Celommi, inaugurata da Vittorio Sgarbi, l’emissione del francobollo commemorativo, che riproduceva il quadro “La Sacra Famiglia” del pittore rosetano (1988), il rinnovo del gemellaggio con la città di Makarska, con l’intitolazione del viale sul lungomare (1989), le giornate Unicef.

Angelozzi  credeva nel valore terapeutico della scrittura, che esercitava con discrezione, conformemente al suo carattere schivo e riservato. Esponeva il risultato delle sue ricerche con accuratezza e semplicità, privilegiando la narrazione distesa.

È autore del saggio “Atri com’era nel 1583” (Hatria Edizioni, 2018), corredato da documentazione di prima mano e del romanzo  “La decima quaresimale” (Hatria Edizioni, 2022), un “giallo”, costruito  “in una ambientazione storica, sulla base di un personaggio realmente esistito e su un fatto realmente accaduto, con documenti e luoghi verificati”.  

L’ultimo suo contributo, pubblicato su “Chorus”, n. 162 e n. 163 (novembre e dicembre 2024), riguarda la trecentesca porta di San Domenico in Atri, che avrebbe dovuto essere  demolita alla fine dell’Ottocento, perché ritenuta “senza alcun valore” e “con un carattere di tristezza”.

Alcune complicazioni burocratiche e la morte del sindaco “picconatore” impedirono la distruzione del monumento, che, in parte salvato, rimane nel fianco delle mura cittadine. “Tutti i reperti – conclude Angelozzi – al di là del loro valore artistico, ci raccontano la storia. Perciò essi vanno restaurati, conservati e valorizzati per testimoniare e risvegliare memorie lontane di un mondo  difficile, ma più umile e umano”.

Mario Giunco
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