Guido Piovene e il suo libro ‘Viaggio in Italia’.
				
  
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    		 Uno scritto di Mario Giunco, pubblicato su Koinè, in memoria di un grande scrittore e autore di reportage per la Rai. E nel suo libro c’è spazio anche per Roseto. 
    		 
    		Roseto degli Abruzzi (TE)
    		 
    		Mercoledì, 29 Ottobre 2025 - Ore 17:45
    		
  
    		
    		È un viaggio nell’Italia non ancora presa nel vortice del boom economico.  
 
Guido Piovene (Vicenza, 1907 – Londra 1974) percorre in lungo e largo la penisola dal 1953 al 1956.  
 
I suoi “reportage” sono trasmessi ogni settimana dalla Rai.  
 
È un successo, da cui nasce un libro famoso, più volte ristampato.  
 
Scrittore raffinato, osserva il paese con il distacco dell’intellettuale, del viaggiatore del Settecento. È interessato a monumenti, teatri, chiese, opere d’arte, biblioteche, a personalità eminenti dell’imprenditoria, della cultura, dell’arte. Gli sfugge il contatto con gli umili.  
 
Critica la riforma agraria, che ritiene “operazione anacronistica, inutile, di marca clericale”, senza incontrare i contadini, assenti dalla sua narrazione, come gli operai.  “Viaggio in Italia”,  con i suoi limiti “ideologici”, uniti alla “diplomazia interiore” cioè alla “ambiguità dell’anima” dell’autore, fotografa un’epoca.  
 
Rende l’immagine dell’Abruzzo, “unica regione meridionale, o meglio premeridionale, nella quale la componente ellenica non si avverte. Vi giunse invece più tardi un soffio d’Oriente, e lo si coglie nei costumi, nei tappeti, negli ori, nei merletti”.  
 
Fra le città che visita, L’Aquila gli appare come una piccola Roma “ministeriale e funzionaria”, caratterizzata da una “fastosa edilizia recente, di un numero e di una mole sproporzionata”, sovrapposta alla vecchia. “La maggior parte dei palazzi va dal Rinascimento tardo al Barocco, pochi sono gli avanzi gotici, per lo più incamerati dentro i muri di un altro stile. Negli edifici sono scritte le vicende agitate non solo dell’arte, ma della storia dell’Abruzzo. È questa la regione più devastata dai terremoti; nessun centro vi rimase esente, e L’Aquila ne subì una serie”.  
 
Pescara “ha una bellezza diversa. Una gran festa, cui ho assistito, faceva veramente ricordare il Far West. Elementi tradizionali, come le bande e i cori, sembravano galleggiare sopra una sarabanda di folla eterogenea, che riempiva le piazze e il lungomare, tutta macchiata di colori vivaci”. Lo scrittore cede all’enfasi: “Qui si forma un nuovo tipo di uomo, certo meno poetico, ma intraprendente e ambizioso, quasi in polemica con la sua stessa origine. Pescara è una eccezione e aspira a divenire il centro ideale di un Abruzzo moderno. Vi si distilla, composto soprattutto di tre elementi (tè, mandarino e rum), uno dei pochi liquori italiani, l’Aurum. Questa è  terra di erboristi, per tradizione popolare e tradizione dotta; e D’Annunzio non è passato invano. L’ingegner Pomilio, che ha una bellissima industria, seduto con me a tavola di fronte a un fritto di scampi, paragona gli aromi a una sinfonia musicale della natura, rivendica per l’Italia la supremazia dei liquori. Quelli dolci sono classici, umani e salutari, mentre ispidi e da bandire, come segno di decadenza, sono i secchi, per esempio il nordico ‘whisky’”. 
 
Con i resti archeologici e la tradizione culturale, Chieti vanta il prestigio della nobiltà e degli studi. La disputa con Pescara gli sembra quella “tra aristocrazia e gente nuova”. Teramo “quasi tutta moderna, è città agricola e i proprietari delle terre conservano lo stampo dei confratelli marchigiani. Gran parte delle maggiori famiglie locali è emigrata a Roma. Rimangono avanzi latenti della tradizione storica e umanistica, che illustrò il nostro Mezzogiorno, e che qui ebbe il maggiore esponente in un patrizio e proprietario terriero, Francesco Savini”.  
 
Piovene si sofferma sul restauro del duomo romanico di Atri e sugli affreschi di Andrea Delitio. “Quando vi capitai – racconta – era invasa dal mercato settimanale. I mercati rimangono fondamentali nell’economia abruzzese. I più importanti non hanno nulla della sagra paesana; sono piuttosto città erratiche, che ricoprono la città ospitante con centinaia di negozi di un giorno”.   
 
Una citazione è riservata anche a Roseto: “Qui si ricominciano a vedere le belle paranze vivaci, quasi scomparse al nord, dove sono state espulse dai motopescherecci. La minore modernità, ingrata per l’economista, è grata per il buongustaio”. Segue l’elogio della triglia d’agosto, “rossastra, polposa e baffuta, ottima sulla brace”.  
 
Nonostante i numerosi pregi, illustrati con  efficacia e simpatia, l’Abruzzo è per Piovene una terra di identità non definita, carente di una coscienza regionale più spiccata e unificatrice.     		 
            
                        
    		
    		Mario Giunco
    		 
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