Il Volto Santo di Manoppello. [abruzzoforteegentile.altervista.org]
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Uno scritto di Mario Giunco, pubblicato su Koinè, che racconta della reliquia del Volto Santo, conservata nella chiesa del monastero dei frati cappuccini di Manoppello. E passa per Roseto e il suo premio letterario...
Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 10 Dicembre 2025 - Ore 12:00
Manoppello, un paese con poco più di seimila abitanti in provincia di Pescara, deve gran parte della sua notorietà a una reliquia, conservata nella chiesa del monastero dei frati cappuccini, che raffigura, su un finissimo velo, l’immagine di Cristo.
È il Volto Santo, che è stato accostato all’immagine della Sindone di Torino, contribuendo a definire i caratteri fisici di Gesù.
Uno dei maggiori studiosi del reperto, il giornalista tedesco Paul Badde, vincitore, nel 2008, del Premio di saggistica “Città delle rose” con il volume “La seconda Sindone” (Newton Compton ed. 2007), scomparso in questi giorni nella cittadina abruzzese, sosteneva che l’immagine non fosse stata prodotta da mano umana (“acheropita”).
Il volto di Manoppello, impresso su un tessuto di bisso marino (il filamento di un mollusco simile a una cozza) presenta diverse particolarità. L’immagine non risulta dipinta (nella trama della tela non vi sono frammenti di colore, come in un quadro), è visibile da entrambe le parti, ma sparisce se la luce l’attraversa.
Non è questo l’unico mistero dell’icona, la cui storia sembra degna di un thriller, reso ancora più intricato da depistaggi compiuti nei secoli passati, in Vaticano e in Abruzzo.
La reliquia dovrebbe essere il “velo della Veronica” o la “Veronica” (da intendersi forse come la “vera icona”, la “vera immagine”), con cui, secondo una leggenda, sarebbe stato asciugato il viso di Gesù, condotto al Calvario.
Importante è lo studio di Tiziana Maria Di Blasio “Veronica, il mistero del Volto” (Città Nuova ed. 2000).
Portata a Roma agli inizi del 700 da Costantinopoli (Istanbul), nel 1054 fu acquistata dalla Santa Sede, che la espose alla devozione dei fedeli. Giubilei, processioni, ricorrenze sacre incrementarono l’afflusso dei pellegrini.
Nel corso del “sacco” di Roma (6 maggio 1527), quando i mercenari di Carlo V d’Asburgo costrinsero papa Clemente VII a rinchiudersi in Castel Sant’Angelo con ogni probabilità fu trafugata.
Si conosce il nome del responsabile, Ferdinando de Alarcon, comandante dell’esercito spagnolo in Italia e della guarnigione che resse Roma fino a febbraio 1528, marchese della Valle Siciliana in Abruzzo (centri principali del feudo, cui si aggregarono i conti di Manoppello, erano Castelli, Fano Adriano, Isola del Gran Sasso, Pietracamela e Tossicia).
Nel 1638 fu regalata ai cappuccini di Manoppello da Donato Antonio De Fabritiis, che l’aveva avuta in pagamento per il riscatto di un prigioniero.
Il 6 aprile 1646 fu esposta per la prima volta ai fedeli. Il Vaticano non ammise mai il furto.
Nel 1616 papa Paolo V, di fronte a una pressante richiesta della regina di Polonia, non aveva esitato a far riprodurre un nuovo volto di Cristo con gli occhi chiusi, a differenza dell’originale. Papa Urbano VIII nel 1628 aveva ordinato la requisizione di tutte le immagini di Cristo, affinché fossero portate in Vaticano e distrutte.
Nella basilica di san Pietro ne rimase una sola. Era quella che appariva nelle processioni, sempre a debita distanza dagli occhi dei devoti. Fu esposta nel 1950 sulla balconata, senza che nessuno riuscisse a distinguerla bene.
Solo recentemente e dopo numerose sollecitazioni, un altro studioso benemerito, Saverio Gaeta, ha potuto vedere la reliquia, che, a sua detta, non presenta alcuna immagine, ma solo un effetto ottico fuorviante.
In Abruzzo, fin dal 1750, compare una terza “Veronica”. E’ quella custodita dalle monache benedettine del monastero dei SS. Cosma e Damiano di Tagliacozzo, portata in processione la prima domenica dopo Pasqua, che si ritiene copia di quella vaticana, peraltro invisibile.
È un dono dei Colonna, che erano anche signori di Manoppello. Sembra che questa famiglia, che non aveva la coscienza troppo tranquilla, volesse confondere un po’ le acque di fronte a eventuali richieste delle autorità pontificie e fare in modo che sulla scomparsa del “sacro viso” si stendesse un “velo pietoso”.
Mario Giunco
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