MARINE… Giancarlo Migliola.
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Giancarlo Migliola rivuole il basket anni ‘70 e ‘80.
Roma
Giovedì, 27 Marzo 2008 - Ore 14:00
Non faccio parte della categoria di persone che pensano che John McEnroe non farebbe toccare palla a Roger Federer o che George Foreman metterebbe al tappeto Mike Tyson in due riprese.
Applicato al basket, non sono mica sicuro che Larry Bird si divertirebbe con LeBron James e che Larry Walton schiaccerebbe in faccia a Kevin Garnett. Credo semplicemente che si tratti di entità non paragonabili, come se uno provasse a confrontare Beethoven con Marylin Manson.
Detto questo, i 40 anni che come dicono a Sky corrono sul tassametro, mi impongono una riflessione vintage: sulla qualità della pallacanestro non mi sbilancio ma sul fatto che il basket degli anni 70 e 80 fosse infinitamente più divertente di quello attuale non ho alcun dubbio.
Nessuno.
Rivoglio le squadre con otto italiani e due americani, meglio se neri, meglio se mai sentiti o visti, meglio se fenomeni alla prima uscita e impresentabili alla seconda. C’era tutto il fascino della scoperta, la leggenda metropolitana era all’ordine del giorno.
Rivoglio le squadre con le rotazioni ridotte a 7, massimo 8 elementi e gli stranieri in campo anche sanguinanti e con un menisco rotto: un cambio era previsto per gli esterni, uno per i lunghi e uno specialista. Tutto qui. Niente roster a 12, niente basket “comunista” in cui tutti giocano 21 minuti di media e chi ne sta in campo 25 ogni tanto si gira pure a chiedere il cambio.
Rivoglio gli stranieri che quando segnavano 24 punti di media venivano guardati in cagnesco e in qualche caso anche rimandati a casa. Rivoglio personaggioni come Abdul Jeelani, Darryl Dawkins e Spencer Haywood. Che una notte bruciò nel camino una sedia del ‘700 della meravigliosa abitazione sul Canal Grande di cui lo aveva dotato la Reyer. Aveva freddo, il pupo.
Rivoglio un basket giocato essenzialmente sotto canestro e non il tirassegno dei nostri giorni: una pallacanestro che coinvolge prima i lunghi e poi muove gli esterni.
Rivoglio i due tiri liberi su tre e la possibilità di rinunciare alla lunetta per guadagnare tempo con la rimessa laterale. Si è divisa l’Italia, su quel dilemma.
Rivoglio gli allenatori che prima di affrontarsi in settimana si espongono, si stuzzicano, si massacrano, si confrontano su tutto e si guardano bene dal palloso “politicamente corretto”.
Rivoglio i capelli a panettone e i completi attillatissimi, non i lenzuoli attuali. Quanta stoffa sprecata…
Rivoglio quei palazzetti dello sport affumicati e la sana brutalità incontaminata dal falso perbenismo delle signore con la bava alla bocca che si ammirano oggi nei parterre dei palasport.
Rivoglio il basket dei personaggi e delle performance memorabili, delle sfide fragorose in cui uno vinceva e uno perdeva e non era tutto così maledettamente distribuito.
Non era la pallacanestro perfetta ma ci si divertiva tanto. E quando non ci si divertiva si fantasticava sui 52 punti con i quali George Gervin poteva rispondere la domenica successiva ai 56 di Drazen Dalipagic.
Rivoglio quel basket, non questo dei 69-62 con il miglior realizzatore, gran bravo ragazzo austriaco, a 14 punti in 19 minuti. Ma anche 4 rimbalzi. Ah, be’ allora…
Giancarlo Migliola Giancamiglio.splinder.com
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