Pubblicato su Il Messaggero d’Abruzzo, in prima pagina, lunedì 10 ottobre 2011.
A volte è soltanto questione di cuore. Cuore, cinque lettere che sono molto più di una parola.
Il cuore dei medici di L’Aquila per la vita, una onlus che si occupa di cura e assistenza domiciliare di malati di cancro. Il cuore di Massimiliano Allegri, uno che a vederlo sembra strafottente ma che anche adesso, con lo scudetto cucito sul petto, il cuore ce l’ha grande così.
Quello stesso cuore che tante persone (Luca Maggitti in primis) hanno messo, portando il loro piccolo o grande contributo per far nascere e crescere questo miracolo della medicina di provincia.
L’allenatore del Milan, da ieri, è ufficialmente il testimonial della onlus aquilana il cui nuovo progetto, non a caso, si chiama «Allegri per la vita». Con la sua immagine, prestata ovviamente a titolo gratuito, verranno realizzate delle cartoline che verranno usate per far conoscere il lavoro dell’associazione (oncologi, psicologi, fisioterapisti) e raccogliere i soldi per finanziare il lavoro di un gruppo di medici “on the road” che, senza una lira di contributo pubblico, è uno schiaffo doloroso sulla faccia della sanità pubblica, di quello che dovrebbe essere e che non è.
Non c’è bisogno neanche di raccontare che L’Aquila per la Vita è partner della Fondazione Veronesi, o che è una delle sette in tutto il mondo certificate come centro di eccellenza dall’Esmo. Basta guardare la luce che brilla negli occhi di Giampiero Porzio e del suo staff e che rende inutile ogni certificazione. Perché certe persone si certificano da sole. Con la propria vita. Con le proprie azioni.
Tutto questo ha ascoltato, interessato e anche un po’ commosso Max Allegri, sotto lo sguardo vigile di Giovanni Galeone, suo padre calcistico, ospite inatteso ma ancora capace di infiammare i cuori. E lui, un passo indietro, si è goduto con gli occhi il bagno di folla del suo figlio calcistico. E anche nei suoi occhi c’era luce buona, e neppure un grammo di invidia se adesso sotto i riflettori c’è il suo Delfino. Quello che vince lo scudetto ma non ha ancora il coraggio di dargli del tu.
E poi, ai tavoli del ristorante Spizzico c’era anche tutto il resto. C’era il paese in festa per l’arrivo di una celebrità inattesa. Tutti in fila per foto e autografi: bambini e politici, autorità e gente della strada. E c’era il profumo familiare della bella provincia italiana. Quella provincia dalla quale Allegri arriva e non si è mai separato. Quella provincia che sa lavorare e vincere. Anche quando il nemico si chiama cancro.