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Matteo Boniciolli [Dialoghi sulla Via della Seta]
IMPRESSIONI DI AGOSTO
Matteo Boniciolli, coach del Kazakistan ai Campionati Asiatici 2013.
[FIBA Asia]


Il punto, dopo la fine dei Campionati Asiatici e prima dell’inizio della stagione di club con l’Astana.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 18 Agosto 2013 - Ore 14:48

Matteo, il report a Campionati Asiatici conclusi?
«I Campionati Asiatici, come mi ha detto il Presidente della Federbasket Kazaka ringraziandomi alla fine della competizione, sono stati utilissimi per capire dove stiamo, chi siamo e cosa dobbiamo fare se ci sarà interesse e copertura finanziaria per proseguire con questo programma. I Quarti con le Filippine, davanti a 22.000 spettatori, sono stati un’esperienza impagabile per tutti quanti noi. Come ho detto alla squadra dopo la gara, ci sono milioni di praticanti, allenatori, giocatori, dirigenti che non avranno mai l’opportunità che abbiamo avuto noi, di giocare in una situazione del genere. Tutta esperienza utile per un gruppo di giocatori, più della metà della squadra, che non aveva mai giocato una partita fuori dal proprio paese».
 
Avete terminato all'8° posto, fermandovi ai Quarti di Finale contro i padroni di casa delle Filippine e contro i loro 22.000 correttissimi tifosi. Sei soddisfatto del piazzamento finale?
«Non sono soddisfatto. Non tanto per gli scarti accumulati con squadre come Iran, Filippine e Korea – rispettivamente prima, seconda e terza della manifestazione – quanto per la sconfitta maturata contro il Qatar nella Semifinale del torneo dal quinto all'ottavo posto. Abbiamo perso di cinque una gara vincibile, che ci avrebbe concesso la rivincita con la Cina, contro la quale conducevamo di un punto a tre minuti dalla fine. Rigiocare contro Ya Yin Lyian e Whang Zhi Zhi sarebbe stata una grande opportunità per i miei giocatori».
 
Che manifestazione è stata il Campionato Asiatico 2013, per i tuoi occhi europei?
«Organizzazione super, arena NBA, passione incredibile e civilissima, 22.000 filippini in piedi ad applaudire l'Iran di Haddadi vittoriosa in Finale contro la squadra di casa, ma sopratutto la consapevolezza di quanto il basket sia un gioco sviluppato a livello tecnico, tattico ed atletico oramai in tutto il mondo. Il passing game della Korea, l'aggressività dell'Iran, l'incredibile quantità di atleti e sopratutto di tiratori sparsa in tutte le squadre, ti aiutano a capire che fuori dai confini europei c’è tanto lavoro di grande qualità».
 
La cosa che ti è piaciuta di più in assoluto vedere a livello sportivo?
«Come detto, il passing game della Korea, con i due lunghi a giocare in una posizione inusuale, un metro fuori dal prolungamento del tiro libero, in modo da “aprire il campo” come non vedevo da tempo. Assieme a Germano D’Arcangeli e Stefano Comuzzo, amici e collaboratori straordinari, ne abbiamo discusso a lungo».
 
La cosa che ti è piaciuta di più in assoluto vedere a livello umano?
«Le migliaia di appassionati filippini in lacrime di commozione, subito dopo la vittoria in Semifinale della squadra di casa, che valeva la qualificazione ai Campionati del Mondo».
 
Una cosa brutta professionale e una umana?
«A livello professionale la difficoltà – non solo mia, ma anche di Yannakis ad esempio – a comunicare direttamente con i giocatori, senza l'ausilio  dell'interprete. Molto limitante in questo lavoro. Umanamente, l'aver attraversato in pullman alcune zone povere della città, per raggiungere le palestre d'allenamento. A pochi metri da grattacieli avveniristici e mall americani, case fatiscenti e bambini nudi che si tuffavano nelle pozzanghere per gioco. Un contrasto veramente difficile da accettare».
 
Il tuo lavoro con la Nazionale kazaka continuerà?
«Ne abbiamo discusso con il Presidente della Federazione e con Valery Tikhonenko. Credo dipenda sostanzialmente da due elementi. Innanzitutto sta cominciando il mio terzo ed ultimo anno di contratto ad Astana. Dovessi andarmene, l'anno prossimo sarebbe complicato continuare. Secondariamente, come dicevo prima, questa esperienza avrà un senso forte se ci sarà la possibilità di investire su un programma perlomeno quadriennale, cominciando un lavoro analogo a quello fatto dalla Federazione dell'Iran, che lavora sul gruppo vittorioso agli Asiatici da quando erano in età Cadetti. Investire risorse su quello che è, in questo momento, il vero limite del basket kazako: la totale assenza di attività giovanile qualificata, che ti porta a selezionare la squadra Nazionale, causa anche gli inevitabili infortuni, su trenta giocatori al massimo. Un particolare, a margine di quello che ti sto raccontando: auguro a tutti i miei colleghi di vivere per un giorno ciò che è accaduto a me a Manila. Avere cioè il Presidente Federale, al termine dell'ultima partita, che ti ringrazia per il lavoro svolto e per la “pazienza” avuta con i giocatori, nel capire ed accettare (...) i loro limiti. Impagabile».
 
I prossimi appuntamenti del Matteo asiatico?
«16 giorni di riposo e di vacanze con la famiglia, poi si ricomincia con la preparazione precampionato di Astana. Porec in Croazia, Treviso, due tornei in Italia, uno a Niznhy Novogorod in Russia e, per finire, un’amichevole ad Atene con il Panathinaikos. Poi, VTB League».
 
Per concludere, fuori dal basket. A uno come me, abituato agli esuli alla Sandro Pertini, come gli spieghi che l'esule kazako aveva parcheggiato 6 miliardi (miliardi!) di dollari in un banca off shore?
«L’abitudine di delinquere, scendere in politica e dichiararsi perseguitati è ormai un prodotto da esportazione, come gli spaghetti».
 
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