[Estratto dalle pagine 7 e 8.]
Da quel momento in poi saranno incursioni sulle colline, sulle montagne, sui terrazzamenti eroici a strapiombo sul mare, a fotografare e raccontare dove l’istinto e il gusto e le visioni, da sempre, mi portano a scovare quei vini che nascondono nel loro bicchiere storie importanti, quelle che quando riesci a raccontarle la lacrimuccia è d’obbligo. Sono storie forti, di famiglie unite intorno a una figura, patriarcale o matriarcale, non fa differenza; alleanze che formano un nucleo organizzato intorno alla sofferenza, una testuggine impermeabile alle avversità del clima e della storia. Sono storie difficili da trovare, perché spesso non vogliono essere raccontate. Ma ecco che da un calice di vino emerge qualcosa di più di un tecnicismo: altro che bouquet, unghie, aggettivi canonici e a volte noiosi. Emerge la vita. È l’umanità della vita. Che si tramanda attraverso la terra e il lavoro che questa richiede: duro e costante. Attraverso le tradizioni laiche, contadine, umane, quelle comandate dalla natura. I riti agro-pastorali. Quelli del Neolitico che poi, con l’avvento dei Romani, sono diventati una religione, quella cristiana. A guardar bene, dentro un calice di vino c’è tanta antropologia. E se l’approccio è quello giusto, cioè rispettoso, empatico ma competente, si scopre che quel liquido ristoratore che è il vino, è anche un messaggio, un simbolo; come una lettera dell’alfabeto, che aspetta solo di essere interpretato. Giustapponendolo con altri simboli, in una sequenza ragionata, emergerà la narrazione, qualità innata dell’uomo e madre del nostro linguaggio, che darà senso e significato al simbolismo profondo che sta dietro una bottiglia di vino.
E l’altra qualità antropologica innata, che è quella di catalogare, ordinare, creare sempre enciclopedie, ha guidato la stesura di questo primo volume di Antropologia del Vino. La necessità di riordinare, comparare le esperienze fin qui fatte, con la speranza di creare un nuovo significato, ma con la sospensione del giudizio, come si deve ad un onesto lavoro di antropologia visuale.
Ma niente paura:  non sarà nulla di pensante, anzi. Il vino, che sia chiaro e va detto, non è un prodotto naturale, ma culturale; è fatto dall’uomo, dalle donne e dalla terra.
E allora chi meglio può raccontare la mistica che sta dietro ogni calice di vino e alle terre che generano ogni grappolo? Un fotografo e antropologo con foto fatte per rievocare quelle immagini che, come diceva Soldati: “Ogni vino squisito e caratteristico suscita... si chiude gli occhi e si vede qualche cosa”. Ho cercato di raccontare la magia visiva, il caleidoscopio di immagini che il vino evoca nella nostra mente e statene certi saranno racconti di uomini e di vini buoni e di carattere. Alziamo i calici, inizia il viaggio.

Massimiliano Verdino
ANTROPOLOGIA DEL VINO
Volume 1
Bauhaus edizioni, 2022, Euro 15.

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