«Non siamo nati soltanto per il lavoro».
Così mi ha risposto Nonno Giovanni, quando gli ho chiesto come avrebbe spiegato a un giovane l’importanza di andare a votare. Aveva appena votato e stavamo uscendo dalla Scuola Media “Fedele Romani”. Lui aveva ripreso il bastone, dopo avermelo lasciato in custodia ed essere entrato nella cabina elettorale con le sue schede.
Per votare ci ha messo un po’. L’emorragia cerebrale che nel 2009 lo devastò gli ha lasciato braccio e mano sinistra “pigri”, ma lui ha deciso che quello non è un problema. E fino quando Nonno Giovanni deciderà che quello non è un problema, non lo è e basta.
Nonno ha letto pochi libri, pochissimi. Non aveva tempo – contadino di giorno, manovale in fornace di notte – né possibilità. Oggi legge tutte le mattine il quotidiano, appoggiato alla vetrata che gli dona un po’ di luce in più per i suoi occhi veterani.
Occhi che ne hanno viste tante, dalle lotte per più umane condizioni di mezzadria alla Seconda Guerra Mondiale, con Giovanni prima bersagliere e poi carabiniere, occupante a Cattaro, nell’attuale Montenegro, a condividere un po’ del vitto della stazione dei Carabinieri con gli jugoslavi che vivevano in povertà nelle vicinanze.
«L’importante è non dipendere mai da nessuno», mi dice il Nonno, mentre faccio manovra in macchina e decido di portarlo al mare per una passeggiata, visto il clima mite nonostante il cielo nuvoloso.
E mi ricorda quella volta che prese per il collo un medico di Pineto, che aveva provveduto alla palificazione per la pubblica illuminazione saltando la sua casa, perché Giovanni gli aveva candidamente confessato che non aveva votato Democrazia Cristiana e quindi non aveva votato per lui, il medico “ras” del paese. Dopo le maniere forti – di cui oggi si pente – del Nonno, fu messo anche il palo a casa sua come era giusto che fosse e con il medico scoppiò la pace. Meglio così.
Un po’ sangue caldo il Nonno lo è stato sempre, sia a sentire i suoi racconti sia a sentire ciò che di lui dicono quelli che lo hanno conosciuto da giovane, ma sempre turbolento per i diritti e in favore dei più poveri e degli indifesi. E allora qualche sberla puoi tollerarla. Ai suoi tempi, dopo la sberla c’era quasi sempre la stretta di mano curatrice. Oggi, molto probabilmente, a una sberla seguirebbero dieci tristi anni di udienze in tribunale.
Era un’epoca in cui si aggiustava e risparmiava, invece di buttare e spendere. Altri tempi.
Però il bisogno del voto è rimasto lo stesso. Per cui Nonno Giovanni qualche giorno fa mi aveva avvertito: «Trova la mia tessera elettorale e la mia carta di identità e portami a votare».
Dopo il voto, passeggiando per il lungomare, si parlava del momento storico che stiamo vivendo e Nonno ha osservato: «Ormai è ora che qualcosa cambi, c’è bisogno di gente onesta che lavori per il popolo. Ci credo poco a chi strilla e basta e a chi “fa i palloni” ogni giorno più grandi. Speriamo bene».
Sento Nonno Giovanni e penso a qualche amico – di cui ho stima – che non vota da anni e forse non voterà neanche stavolta. Credo che abbia ragione il Nonno: finché ci siamo, dobbiamo votare scegliendo un partito di cui fidarci e le persone che lo rappresentano.
Perché non siamo nati soltanto per il lavoro.
ROSETO.com
Via Seneca [Il privè di ROSETO.com]
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Giovanni Di Tecco, dopo il voto, domenica 24 febbraio 2013.
